Mutations and Trasmutation I (2020) Painting by Paolo Cantù Gentili

Paolo Cantù Gentili – "Mutations and Transmutation I" La sospensione tra corpo e luce Se in Mutations and Transmutation IV Paolo Cantù Gentili ci metteva di fronte a una collisione esplosiva tra forza e struttura, qui, in Mutations and Transmutation I, il discorso si fa più rarefatto, più sospeso. La stessa logica costruttiva è presente: un campo centrale, una cornice cromatica che lo avvolge e un'ombra nera che sembra estendersi oltre la tela stessa. Ma questa volta l'energia è diversa. Il verde profondo, quasi muscolare, non si impone con violenza, bensì avvolge il bianco in una tensione silenziosa, come un respiro trattenuto. Il cuore dell'opera è questa massa chiara, che non è un semplice vuoto, ma una presenza instabile, vibrante, che lotta per emergere. È una luce che cerca di farsi spazio, un’epifania pittorica che viene subito riassorbita dal colore circostante. Cantù Gentili gioca magistralmente con la pittura come materia viva: le bordature sfilacciate, la sovrapposizione delle velature, l'irregolarità del gesto fanno sì che il quadro non sia un'icona statica, ma un organismo in divenire. Qui la mutazione non è violenta, ma sottile, percettibile solo se ci si lascia attraversare dal tempo della visione. Ancora una volta, l'artista ci costringe a un'interrogazione profonda: cosa resta tra presenza e assenza? Quanto di ciò che vediamo è forma, e quanto è memoria di una forma? In Mutations and Transmutation I, il linguaggio della pittura diventa meditazione pura, una finestra aperta su ciò che è in continuo cambiamento. Un'opera che non si limita a essere osservata, ma che ci osserva indietro, chiedendoci di sostare nel suo silenzio denso.

Paolo Cantù Gentili – "Mutations and Transmutation I" The suspension between body and light If in Mutations and Transmutation IV Paolo Cantù Gentili confronted us with an explosive collision between force and structure, here, in Mutations and Transmutation I, the discourse becomes more rarefied, more suspended. The same constructive logic is present: a central field, a chromatic frame that envelops it and a black shadow that seems to extend beyond the canvas itself. But this time the energy is different. The deep, almost muscular green does not impose itself violently, but rather envelops the white in a silent tension, like a held breath. The heart of the work is this clear mass, which is not a simple void, but an unstable, vibrant presence that struggles to emerge. It is a light that tries to make space for itself, a pictorial epiphany that is immediately reabsorbed by the surrounding color. Cantù Gentili masterfully plays with painting as a living material: the frayed edges, the overlapping of the glazes, the irregularity of the gesture ensure that the painting is not a static icon, but an organism in progress. Here the mutation is not violent, but subtle, perceptible only if we let ourselves be crossed by the time of vision. Once again, the artist forces us to a profound question: what remains between presence and absence? How much of what we see is form, and how much is the memory of a form? In Mutations and Transmutation I, the language of painting becomes pure meditation, an open window onto what is in continuous change. A work that is not limited to being observed, but that observes us back, asking us to pause in its dense silence.